Giovedì 21 novembre 2019 si è svolta presso la sede della SAIG a Ginevra, la conferenza sul tema della doppia imposizione.
L’Avv. Alessandra Testaguzza è intervenuta in qualità di relatore ed ha illustrato ai presenti in quali casi il contribuente che risiede in uno Stato può chiedere il rimborso delle imposte sui redditi trattenute anche nello Stato dai quali i redditi provengono.
Anzitutto è stata fatta chiarezza sul significato di “doppia imposizione” che è vietata dalla legge: un contribuente deve pagare le imposte solo in uno degli Stati di riferimento, o quello di residenza o quello di provenienza dei redditi. Il contribuente, cioè, non può pagare le stesse imposte due volte.
Molti Stati, onde evitare questo problema, hanno firmato degli accordi internazionali volti a definire a chi debbano versare le imposte dai contribuenti. Tra l’Italia e la Svizzera, la convenzione contro la doppia imposizione esiste dal 1976 ed è in vigore dal 1979 e specifica chiaramente tutte le situazioni di interesse.
Nello specifico, è stato affrontato il tema delle pensioni INPS che, a mente della succitata Convenzione, e fatte le dovute eccezioni, vengono imposte nello Stato di residenza e non nello Stato di erogazione a meno che non si tratti di pensioni che provengono da lavoro svolto per lo Stato o per enti statali, circostanza che determina l’imposizione da parte dello Stato erogatore e che apre la possibilità di richiedere il rimborso nel paese di residenza.
I pensionati che risiedono in Svizzera debbono dichiarare i redditi da pensione nella dichiarazione fiscale annuale al fisco ginevrino, che provvede a calcolare le imposte da pagare. Da questo ne discende, a rigor di logica, che detti pensionati dovrebbero ricevere dall’Italia l’accredito di una pensione lorda (comprensiva, cioè, delle imposte che poi verranno pagate nel paese di residenza).
Purtroppo, così spesso non è e purtroppo spesso i contribuenti non se ne accorgono per anni, a meno che non si tratti di somme rilevanti.
L’Avv. Testaguzza ha, quindi, consigliato, di controllare nel CUD (che si può richiedere presso qualunque patronato italiano presente a Ginevra e che occorre inserire nella dichiarazione dei redditi ogni anno), se vi sono stati prelievi di imposte “alla fonte”. In caso positivo, sarà opportuno inoltrare domanda di esenzione, sempre tramite patronato, all’Agenzia delle Entrate di Pescara, al cosiddetto COP (Centro Operativo di Pescara), corredata dai documenti che il patronato indicherà, e richiedere, contestualmente, il rimborso delle imposte trattenute illecitamente (con una prescrizione di 4 anni dalla domanda) e, in ipotesi di diniego di rimborso da parte del COP (prassi purtroppo consolidata), fare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente entro 60 giorni dalla data di notifica del diniego.
L’Avv. Testaguzza ha anche sottolineato come sia obbligatorio per chi sposta la propria residenza all’estero per più di 12 mesi, l’iscrizione nel Registro degli Italiani residenti all’estero (A.I.R.E.) entro 90 giorni trascorsi i primi 12 mesi. Questo permette di essere cancellati dall’Anagrafe dei residenti in Italia e di non essere più considerati contribuenti dallo Stato italiano. Se si è iscritti all’AIRE non vi è bisogno di altri accertamenti per stabilire ove sia la residenza del contribuente e dove egli debba pagare le imposte.
Questa è la regola. Ma vi sono delle eccezioni. Tanto è vero che spesso il COP notifica il diniego di rimborso anche in presenza di iscrizione all’AIRE, adducendo altre motivazioni.
In questi casi, come previsto dalla Convenzione stessa, bisogna dimostrare qual è la residenza effettiva del contribuente. L’art. 4 Convenzione prevede, in assenza di iscrizione all’A.I.R.E., il suppletivo intervento di specifici criteri di collegamento della persona fisica allo Stato, i quali devono essere valutati secondo l’ordine gerarchico in cui sono elencati, potendosi in tal modo stabilire in quale Stato il contribuente debba considerarsi residente. E tali criteri sono, nell’ordine: l’abitazione permanente (esistenza o meno di abitazioni di proprietà in uno degli Stati); il centro degli interessi vitali (un posto di lavoro, la presenza della famiglia, di affetti, di amicizie, di rapporti economici e sociali, etc); il soggiorno abituale e, infine, la nazionalità. Tutti questi criteri aiutano a comprendere in quale Stato si ha la residenza effettiva e, di conseguenza, in quale Stato pagare le imposte.
L’Avv. Testaguzza, rispondendo ad una domanda specifica, ha anche spiegato che le imposte immobiliari debbono essere pagate soltanto nello Stato ove gli immobili si trovano, quindi l’IMU deve essere pagata in Italia e non certo in Svizzera. La circostanza che i beni immobili presenti all’estero debbano comunque essere dichiarati al fisco svizzero, non comporta di per sé una imposizione diretta dei suddetti immobili da parte del fisco straniero (che non ha l’autorità di poterlo fare). Il valore di detti immobili, difatti, viene considerato per valutare se vi è un aumento della fortune, ma poi, una volta calcolato il tasso, il valore degli immobili all’estero viene decurtato.
Molte le domande da parte di chi ha partecipato alla conferenza, molti i commenti di quanti hanno perso rimborsi da parte dell’Italia per non aver potuto o voluto inoltrare richiesta tramite un ricorso giudiziale nei termini prescritti dalla legge. In questo modo il contribuente perde effettivamente denaro a tutto vantaggio dello Stato che conta proprio sull’inerzia di chi vi ha interesse per ritenere, sia pur indebitamente, somme anche rilevanti.
Alla fine della serata, dopo i dovuti ringraziamenti, il coordinatore della SAIG, Carmelo Vaccaro, ha ricordato che le prossime conferenze da parte dei professionisti consulenti della SAIG, riprenderanno con l’anno nuovo.