Note a chiarimenti dell’interrogazione parlamentare del Sen. Claudio Micheloni.
Di Alessandra Testaguzza e Carmelo Vaccaro
In riferimento alla notizia pubblicata su “l’altraitalia” il 24 marzo scorso e intitolata “Italiani in Svizzera. Valore locativo per gli immobili posseduti in Italia?”, circa l’interrogazione depositata dal Sen. Claudio Micheloni in Senato, si ritiene più che mai opportuno scrivere questa nota a chiarimenti di alcuni dei punti affrontati dal Sen. Micheloni.
Tramite la SAIG di Ginevra, difatti, come ormai noto a molti dei nostri connazionali residenti a Ginevra, la sottoscritta, di concerto con le istituzioni fiscali e sociali del cantone, segue questa materia da oltre un anno e mezzo e ritiene opportuno puntualizzare le argomentazioni sostenute al solo fine di favorire una migliore comprensione delle stesse, trattandosi di materia delicata ed anche non di semplice comprensione.
Il discorso va affrontato sotto un duplice punto di vista: quello fiscale e quello sociale, dal momento che si tratta di due argomenti diversi fra loro, anche se inevitabilmente connessi.
Anzitutto il profilo fiscale.
La Svizzera, a fronte delle auto-dichiarazioni dei suoi contribuenti che aderiscano all’amnistia fiscale messa in campo dal 2010, o che le inseriscano nelle dichiarazioni dei redditi stesse, applica delle tassazioni sui beni e redditi esistenti/percepiti in altri paesi.
E, dunque, per i beni immobili esistenti all’estero alcuni cantoni, fra cui quello di Ginevra, applicano innanzitutto il cosiddetto “valore locativo”, valore che il fisco calcola ed applica anche agli immobili in Svizzera. Tale valore locativo viene calcolato in base ad una percentuale convenzionale che a Ginevra è del 4,5% (a Zurigo è il 6%, in altri cantoni è del 4%) sul valore di mercato dell’immobile stesso. Inoltre, il valore di mercato viene aggiunto alla cosiddetta “fortuna”, la tassa patrimoniale che si applica sulla totalità del patrimonio.
Le imposte, quanto al valore locativo, sono federali (IFD) e cantonali (ICC) e vengono aggiunte ai redditi, proprio come se gli immobili fossero veramente affittati e producessero reddito.
Un esempio: se un immobile ha un valore di 100.000 franchi, il valore locativo per le imposte federali sarà di 4.500 franchi l’anno, mentre quello per le imposte cantonali sarà inferiore in quanto viene decurtato un 4% all’anno, fino ad un massimo di 10 anni (- 40%). Quindi su 100.000 il valore sarà, più o meno, di 2.700 franchi all’anno. I 7.200 franchi vengono aggiunti ai redditi percepiti in Svizzera (stipendi, pensioni, etc.). Ma questa operazione ha il solo scopo di stabilire il tetto imponibile totale (redditi svizzeri + valore locativo immobili in Svizzera e all’estero = percentuale impositiva), ma poi, per effettuare il calcolo finale di quante imposte verranno effettivamente pagate, la percentuale verrà moltiplicata escludendo il valore locativo da immobili all’estero. Significa che si pagheranno, forse delle imposte maggiorate, ma solo sui redditi svizzeri.
Stesso discorso per quanto riguarda la “fortuna”. Il valore di mercato dell’immobile all’estero verrà sommato a tutti gli altri valori (degli immobili in Svizzera, ad esempio, del denaro presente nei conti correnti, delle rendite, etc.) per stabilire, anche qui, il tetto impositivo, per stabilire, cioè, l’aliquota che poi verrà pagata. Ma una volta fatto questo, il valore dei beni immobiliari che siano all’estero (non anche del denaro, però, depositato in banche estere!) viene sottratto e si moltiplica la percentuale, maggiorata, per i beni in Svizzera (comprensivi anche, come detto, dell’eventuale denaro all’estero).
Un esempio: a Ginevra le percentuali sulla “fortuna” vanno dallo 0,34% per il primo scaglione (da 25.000 a 125.000 franchi di imponibile l’anno) all’1% per patrimoni che ammontano da 3.000.000 di franchi in su. Significa che se precedentemente il contribuente già pagava lo 0,34% all’anno (primo scaglione), e, a fronte della denuncia dei beni presenti all’estero, cambierà scaglione (il secondo scaglione va da 125.000 a 200.000 franchi), pagherà lo 0,38% (cioè uno 0,04% in più) sui beni in Svizzera (mobiliari e immobiliari) e sui beni all’estero (solo mobiliari).
Bisogna chiarire, poi, che si parla sempre di imponibile. Si deve, cioè, debitamente tenere conto delle deduzioni di imposta previste in ciascuno cantone. Per quanto riguarda Ginevra, ad esempio, una coppia di coniugi ha una deduzione di imposta annuale di 165.668 franchi. Significa che se questa coppia possiede una “fortuna” di 150.000 franchi in totale, non pagherà le imposte patrimoniali.
Considerando, ora, la Convenzione del 1976 intervenuta fra Italia e Svizzera per impedire la doppia imposizione ed evitare, quindi, che il contribuente paghi le imposte un due paesi diversi per gli stessi redditi o sugli stessi beni, è assolutamente corretto richiamarla in quanto, in effetti, si potrebbe profilare una doppia imposizione sui beni immobili, dal momento che viene prevista un’imposizione sia pure soltanto per stabilire la determinazione dell’aliquota.
Dal punto di vista di detta Convenzione va anche affrontato il discorso sulle pensioni erogate dall’INPS che vengono tassate in Svizzera, nonostante le stesse siano già tassate alla fonte. L’art. 19, difatti, prevede chiaramente che “le remunerazioni, comprese le pensioni, pagate da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale, ….., ad una persona fisica che ha la nazionalità di detto Stato, …., sono imponibili soltanto nello Stato contraente da dove provengono dette remunerazioni”. Tuttavia dette pensioni vengono soggette ad imposizione fiscale in Svizzera e, come da nota scritta inviata recentemente alla sottoscritta dall’amministrazione fiscale cantonale di Ginevra, che conferma questa prassi, i contribuenti potranno poi richiederne il rimborso in Italia. Anche questo sarebbe un punto da chiarire in sede istituzionale.
E passiamo al discorso sociale per coloro che hanno beneficiato di aiuti da enti assistenziali senza aver dichiarato l’intero patrimonio posseduto anche all’estero e che oggi non sono in regola neanche con il fisco.
Dal 1 ottobre 2016 è entrata in vigore una norma penale che punisce il reato di truffa agli enti assistenziali (art. 148a CP, introdotto dal n. I 1 della LF del 20 mar. 2015 – Attuazione dell’art. 121 cpv. 3-6 Cost. sull’espulsione di stranieri che commettono reati, in vigore dal 1° ott. 2016 – RU 2016 2329; FF 2013 5163) , non solo con ammende o reclusioni ma anche con l’espulsione dalla Svizzera ( 5 o 10 anni) per chi non sia, o non sia anche, cittadino svizzero (art. 66 a, co. e CP, introdotto dal n. I 1 della LF del 20 mar. 2015 – Attuazione dell’art. 121 cpv. 3-6 Cost. sull’espulsione di stranieri che commettono reati, in vigore dal 1° ott. 2016 – RU 2016 2329; FF 2013 5163) .
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—-Art. 148a CP: “Ottenimento illecito di prestazioni di un’assicurazione sociale o dell’aiuto sociale. 1 Chiunque, fornendo informazioni false o incomplete, sottacendo fatti o in altro modo, inganna una persona o ne conferma l’errore, ottenendo in tal modo per sé o per terzi prestazioni di un’assicurazione sociale o dell’aiuto sociale a cui egli o i terzi non hanno diritto, è punito con una pena detentiva fino a un anno o con una pena pecuniaria.
2 Nei casi poco gravi la pena è della multa.”
Art. 66 a, co. e CP: “1a. Espulsione. a. Espulsione obbligatoria. 1 Il giudice espelle dal territorio svizzero per un tempo da cinque a quindici anni lo straniero condannato per uno dei seguenti reati, a prescindere dall’entità della pena inflitta: e. truffa (art. 146 cpv. 1) a un’assicurazione sociale o all’aiuto sociale, ottenimento illecito di prestazioni di un’assicurazione sociale o dell’aiuto sociale (art. 148a cpv. 1).
2 Il giudice può rinunciare eccezionalmente a pronunciare l’espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale e l’interesse pubblico all’espulsione non prevale sull’interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera. Tiene in ogni modo conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera.
3 Il giudice può inoltre rinunciare a pronunciare l’espulsione se il fatto è stato commesso per legittima difesa discolpante (art. 16 cpv. 1) o in stato di necessità discolpante (art. 18 cpv. 1)”.—-
Ciò significa che chi ha richiesto degli aiuti sociali senza dichiarare tutti i suoi beni oppure non ha comunicato di essere venuto in possesso di tali beni dopo aver richiesto gli aiuti, è passibile non solo di un procedimento penale con pedissequa condanna, ma anche, qualora non avesse nazionalità svizzera, di espulsione. Tutti gli stranieri residenti in Svizzera rischiano di essere espulsi se commettono uno dei reati previsti dall’art. 66a, 1a CP, ma la cosa peggiore è, a mio avviso, la mancata informazione circa l’entrata in vigore di queste norme che potenzialmente potrebbero arrecare un pregiudizio irreparabile a molte delle famiglie straniere residenti in Svizzera da svariati anni, che qui hanno lavorato e contribuito attivamente all’economia locale.
Il cantone di Ginevra ha previsto per i suoi residenti una procedura atta ad evitare problemi penali ed espulsioni per coloro che avessero inviato una domanda di regolarizzazione entro e non oltre il 31 dicembre dello scorso anno. Molti dei nostri connazionali a Ginevra hanno aderito a questa iniziativa, ma molti altri no. Va anche detto che, tra i connazionali residenti a Ginevra ce ne sono molti che hanno taciuto di possedere molti beni in Italia (si parla di patrimoni che superano il milione di euro) e che hanno usufruito per moltissimi anni di aiuti sociali senza averne, in principio, il diritto. Ora saranno costretti a restituire somme per almeno 7 anni (che diventano 15 se viene riconosciuta la truffa).
Al momento non si ha giurisprudenza sul punto. Vedremo come il Tribunale Federale interpreterà e applicherà questa normativa.
Bene fanno, intanto, le istituzioni italiane a farsi parte diligente per chiarire con la Confederazione elvetica se vi siano doppie imposizioni che appesantiscono, anche all’estero, la posizione fiscale dei nostri connazionali residenti fuori dai confini domestici e che già in Italia sugli immobili sono costretti a pagare l’IMU come seconda casa pur in presenza di un unico, ed uno solo, immobile.
Avv. Alessandra Testaguzza e Carmelo Vaccaro