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Marcello Fonte: dalla Calabria a Cinecittà fino al Festival di Cannes come migliore attore del Film “Dogman”

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Marcello Fonte: dalla Calabria a Cinecittà fino al Festival di Cannes come migliore attore del Film “Dogman”

Marcello Fonte, classe 1978, è nato e cresciuto con una famiglia numerosa a Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, prima di trasferirsi a Roma negli anni ’90.
Negli ultimi anni ha scritto, co-diretto e interpretato “Asino vola”, ha recitato nella serie tv “La mafia uccide solo d’estate” e nei film “L’intrusa” e “Io sono Tempesta”.
È a Ginevra per la prima di Dogman, il film diretto da Matteo Garrone che si è ispirato al cosiddetto ‘delitto del Canaro’, l’omicidio del criminale e pugile dilettante Giancarlo Ricci. Fonte, nel ruolo del protagonista Marcello, ha ricevuto il Prix d’interprétation masculine (Palma d’oro) al Festival di Cannes e il premio per il Migliore attore protagonista al Nastro d’argento

Dalla Calabria al grande schermo al fianco di prestigiosi personaggi del mondo cinematografico. Puoi raccontarci chi eri e quello che sei diventato oggi?

Sono cambiato un po’, ero quell’attore che pensava che andare in televisione era l’arrivo e invece ora sono l’attore che capisce che è tutto il contrario, che invece fare l’attore è una responsabilità, è un mestiere vero e proprio come tutti gli altri lavori.
La vittoria a Cannes è un grande messaggio ai giovani, perché è stato premiato ‘uno di noi’, un cittadino comune, che ha studiato autodidatta, quindi senza raccomandazioni, uno che però è stato determinato in quello che credeva.

Con quale tipo di cinema sei cresciuto?

Sono cresciuto con i film antichi, con quelli di Marcello Mastroianni, con Totò, con i film di De Sica, Alberto Sordi, quelli che si vedevano una volta, il cinema italiano, ma non solo. Mi piacevano anche i film stranieri, il cinema è tutto bello quando è fatto bene.

Ricordi il tuo debutto come attore?

Mi ricordo che sono entrato a pennellare scenografie e poi mi sono ritrovato a fare la lunga strada della gavetta, ho iniziato dal niente. Ogni volta che vedevo i camion del cinema mi incuriosivo e guardavo che film si stava girando. La prima volta, mi ricordo, ero a Piazza Vittorio, abitavo lì vicino, e c’erano i camion del cinema, ho visto Nino Manfredi e mi dicevo “Ammazza, Nino Manfredi dal vivo!”, mi sono avvicinato piano piano e alla fine sono rimasto lì fino alle 4 del mattino a vedere, parlargli, chiedendogli delle cose, ho sempre seguito persone più grandi di me. C’è da dire che già da piccolo, quando volevo una cosa, la seguivo, non ascltavo mia mamma, altrimenti ora non ero qua, ero a zappare terra.

E non avresti girato nemmeno un film con Leonardo Di Caprio…

Eh, quella è un’altra storia… E chi lo conosceva? Chi era andato mai al cinema? A casa mia era un lusso andare al cinema, eravamo in tanti e se tutti dovevano andare al cinema ci voleva una banca di soldi: sono cresciuto nella povertà, ma in allegria. Mio padre era un attore nato, ma non lo sapeva. Dico ai giovani che devi credere in quello che fai e devi essere ostinato pure, ma non ti devi prendere troppo sul serio.
Sono capitato per caso nel film girato con Leonardo Di Caprio, non sapevo neanche chi fosse, sono arrivato lì dalla pittura, pitturavo le scenografie e cantavo mentre lavoravo. Un certo Cristiano Spoletini mi ha visto e ha voluto il mio numero, dopo alcuni giorni mi chiamano per andare a Cinecittà che stavano preparando un film “l’americani”, e sono andato lì a fare la prova costume. Arrivo lì e trovo tutto allestito in stile 800, persone con i baffi, i vestiti etc., e io pensavo “mamma mia, che bello!”. E non capivo, mi dicevano che girava un certo “scozzese”. Ad un certo punto iniziamo a girare questo film con Martin Scorsese, ma io non sapevo chi fosse, non sapevo niente e non conoscevo nessuno, la fotografia che ho insieme a Di Caprio, l’ha scattata Daniel Day Lewis e non sapevo chi fosse, me l’hanno detto dopo. La cosa più bella di questa esperienza era che guardavo e rubavo con gli occhi.

Qual è stato, a tuo parere, il film o l’inte44235377_2117785194938810_9017704955200405504_o rpretazione che ha rappresentato la svolta per la tua carriera?

Credo che sia stato per “Asino vola”, che è autobiografico, parla della mia vita. Quel bambino musicista che vedete sono io. Poi Garrone mi ha dato sicuramente la crescita. Mi ha migliorato, sia come attore sia come persona.

Con Dogman ti sei trovato di fronte ad una storia di cronaca nera accaduta realmente 30 anni fa. Come è stato vestire i panni del protagonista Marcello (Pietro De Negri nella realtà), il criminale conosciuto come ‘il canaro della Magliana’?

Io non so niente di lui, il film è ispirato liberamente a quella storia, ma è un’altra cosa. Quel che raccontiamo è la storia di un padre di famiglia che difende la propria dignità di essere umano, che viene calpestato davanti alla figlia, davanti al quartiere, davanti a tutti.

44249881_2117785388272124_7169998114516893696_oQuali sono state le maggiori difficoltà a cui hai dovuto far fronte in questo ruolo?

Ho scavalcato le cose, mi sono portato tanti chili sulle spalle, la cosa più difficile è stata la botta in testa, non riuscivo a darla, ad un certo punto tutta la troupe mi diceva “tira, tira”, ma non ce la facevo a dare una botta in testa ad un altro. Alla fine gliel’ho data, anche se male…

Dogman ti ha portato premi importanti per la tua interpretazione. Cosa vogliono dire per te questi riconoscimenti?

Per me un premio dice che quello che hai fatto l’hai fatto bene, quello che pensavi, la strada e il percorso che hai seguito quando eri solo e nessuno ti diceva che fosse la strada giusta. Quando una cosa la sai è facile, ma quando non la sai è difficile, il premio significa che la strada che hai scelto è stata quella giusta, dà un valore a quello che hai fatto! Poi, però, bisogna mantenerlo il premio, è una responsabilità.

Cosa ti piacerebbe fare dopo questa esperienza?
Il principe! (ride)