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L’autunno piemontese al Corso di Cucina della SAIG

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L’autunno piemontese al Corso di Cucina della SAIG

Col secondo Corso di Cucina del mese di ottobre, l’attività culinaria della SAIG entra nel vivo della stagione autunnale ed ha scelto la Regione Piemonte. Difatti, quale migliore pietanza per esprimere i sapori autunnali dalle origini del Regno di Savoia? La scelta dello chef Stéphane Muller ha sancito per le “Lasagne al sugo di cinghiale”, rigorosamente fatte in loco dalle sorprendenti signore che assiduamente, primeggiano il Corso di Cucina della SAIG.

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Con questa pietanza del nord Italia, ma tipicamente personalizzate da tutte le regioni della Penisola, le signore si sono divertite ad immergersi tra gli ingredienti farinosi della lasagna e il sapore audace e selvaggio del cinghiale.

Un fuori programma è apparso all’improvviso: la ‘nduja spalmata su del pane tostato. Il piccante orgoglio di Calabria è stato intrufolato dal Presidente dell’Associazione Calabrese ginevrina.

Sono anni ormai che questi incontri culinari allietano le serata, dove si ripercorrono le memorie culinarie provenienti da molte regione italiane, allo scopo di riscoprire i vecchi sapori delle nostre nonne. Anche se l’evoluzione dei tempi ha modificato i sapori degli ingredienti, si è riuscito a salvaguardare la ricetta originale nella sua integrità e riportando ai giorni nostri i sapori di un tempo, mai dimenticati.

Con questo tipo d’attività, la nostra associazione continua a volgere il suo sguardo all’unità dei valori italiani e si auspica che possa essere un ulteriore momento per tessere relazioni d’unione tra gli italiani di Ginevra.

Piemonte e Toscana all’ultimo Corso di Cucina della SAIG prima delle ferie estive

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L’ultimo corso di cucina della SAIG è stato caratterizzato da due regioni italiane: Piemonte e Toscana. Vitello tonnato per il Piemonte e per la Toscana, Spaghettoni al sugo toscano alla salsiccia hanno saziato l’appetito dei superstiti del Corso. Infatti, alcuni assenti si sono persi l’occasione della buona compagnia e della buona cucina eseguita dal responsabile del Corso, Menotti Bacci con la deliziosa consorte Lisette.

Alcuni decenni fa, correva voce con insistenza, che il Vitello tonnato sia stato inventato dai francesi. Altro che francese! Questa pietanza, è nata in Piemonte nel ‘700. Capperi e acciughe c’erano già, ma la maionese no e nemmeno il tonno.

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“Nominarlo richiama subito alla mente gli anni ’80. Con gli antipasti a base di prosciutto e melone, le penne alla vodka come primo e, ovunque, il dilagare della panna: un “edonismo culinario” tutto modernità ed esterofilia, con i cibi tradizionali decisamente in ribasso. Sarà per questo che il piatto di cui stiamo parlando, il vitello tonnato, qualcuno preferiva chiamarlo “vitel tonné”. L’italiano, insomma, non era di moda. E poco importava che vitello, in francese, si dicesse “veau”. Eppure il vitello tonnato è un piatto antico e italianissimo, valido sia come antipasto che come secondo, che oggi sta tornando di moda.

Monsieur Tonné da Cuneo

Si tratta infatti di una ricetta piemontese, nata probabilmente nel Cuneese all’inizio del XVIII secolo, anche se la paternità del piatto è rivendicata pure dalla gastronomia lombarda, veneta ed emiliana. E dire che, all’inizio, il tonno nella ricetta nemmeno compariva: “Tonné” derivava infatti dal francese “tanné”, che significava “conciato”. La lingua transalpina era uno dei tanti ingredienti di quel miscuglio linguistico che contraddistingueva il Ducato dei Savoia, in cui il francese e l’italiano erano le lingue ufficiali ma dove alla fine tutti, sovrani compresi, parlavano il dialetto piemontese, zeppo di francesismi. Quel “tonné” dal suono francese, chissà, era forse un modo per dare lustro (magari ironicamente) e nobiltà a un piatto invece tipicamente popolare, preparato con gli avanzi della carne di vitello, lessata a lungo per ottenere la tanto agognata morbidezza. Secondo Giovanni Ballarini, professore universitario e accademico nella delegazione di Parma dell’Accademia italiana della cucina, “si può pensare che tonnato volesse in un primo tempo significare cucinato come fosse tonno e che la ventresca sottolio sia stata aggiunta in un secondo tempo, probabilmente attratta dal nome del piatto”.

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La SAIG si propone di darsi forza e la determinazione per proseguire questo percorso formativo con grande vigore ed intensità, predisponendo il necessario per far fronte alle richieste presenti e future.