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La Regione Sicilia ritorna con arancini e cannoli al Corso di Cucina della SAIG

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La SAIG annuncia l’estate con il suo Corso di Cucina dello scorso 30 maggio, proponendo la Regione Sicilia due dei suoi baluardi culinari quali l’Arancino e il Cannolo alla ricotta.

Per eseguire questo arduo compito, i dirigenti SAIG hanno fatto appello ad uno Chef d’eccezione: Davide Giordano. Riconosciuto a Ginevra, e non solo, lo Chef Giordano molto preciso nelle spiegazioni, si è dilettato ad insegnare alle nostre frequentatrici queste due ricette conosciute in tutto il mondo. Difatti, ha scritto la ricetta personale che ha poi ha fatto recapitare una copia ad ogn’uno di loro.

La presenza occasionale del Console Generale d’Italia a Ginevra, Antonino La Piana, non solo ha omaggiato le attività della SAIG, ma è stata molto gradita dal nostro folto pubblico di frequentatrici ed accompagnatori.

È ormai noto che, l’origine dell’arancino siciliano nasce nel periodo della dominazione saracena in Sicilia, quando durante i banchetti esisteva l’abitudine di disporre al centro della tavola un ricco vassoio di riso aromatizzato allo zafferano e condito con verdure e carne. La prima versione dell’arancino, quindi, è quella di un semplice timballo di riso, da gustare a piene mani e privo del pomodoro che, all’epoca, doveva ancora essere importato dalle Americhe.

Per avere un’opinione professionale, riguardo il nome esatto di questa prelibatezza sicula, “arancino” o “arancina”, abbiamo domandato al nostro Chef Davide Giordano.

Davide, cosa ci puoi dire sul nome esatto degli arancini: arancina o arancino?

– Di certo si sa che chi conosce ed ama la Sicilia, non può non apprezzare questa prelibatezza.
le Arancine, che ormai sono uno dei tipici esempi di cibo da strada della tradizione gastronomica della regione Sicilia, bandiera che sventola in tutto il mondo, nonché vendute ovunque, sulle bancarelle, nei forni, nei mercati, nelle friggitorie e persino in spiaggia, sono anche diventate uno snack di fama mondiale, è pertanto, col passar del tempo, questo prodotto ha assunto diverse varianti a secondo l’immaginazione e gli ingredienti a disposizione, assumendo un aria gourmet e d’autore. Paradossalmente, ad oggi, a fa parlare di sé anche nella terra di origine non è l’estrema bontà ma questa lontana diatriba tra la Sicilia occidentale e quella orientale su come chiamarle.

Per esempio, a Palermo e provincia, prendono una forma arrotondata e si chiamano “arancina ”. Questa definizione richiama un frutto simbolo della conca d’oro, un nome assolutamente al femminile derivante dalla forma rotonda dell’arancia.

Invece, a Catania e provincia, cambia la forma per diventare conica, è così di fatto, perdono tutta la loro femminilità prendendo il nome di “arancino”.
Voci di popolo sostengono che l’arancino ha la forma di un cono poiché vuole simboleggiare il vulcano Etna assolutamente dal nome maschile.

Sulla base di quanto suddetto una cosa è certa, a noi siciliani, il dubbio rimane! A me personalmente, originario di Palermo, mi piace pensare che il giornalista e scrittore Gaetano Basile, palermitano doc nonché esperto autorevole di tradizioni siciliane, abbia pienamente ragione quando afferma che il nome da intendersi è “arancina”, perché deriva dall’accostamento con le arance, simbolo siciliano per eccellenza.

La nascita del cannolo siciliano tra storia e leggenda

Per quando riguarda l’origine del “Cannolo”, da una ricerca sul web la storia narra che, di certo si sa che le sue radici risalgono alla dominazione araba in Sicilia (dal 827 al 1091).
-“Secondo una leggenda la nascita dei cannoli sarebbe avvenuta a Caltanissetta, “Kalt El Nissa” locuzione che in arabo significa “Castello delle donne”, a quei tempi sede di numerosi harem di emiri saraceni.

L’odierno cannolo siciliano avrebbe dunque antiche origini, anche se nei secoli ha subìto diverse trasformazioni, e il suo antenato potrebbe essere stato un dolce a forma di banana, ripieno di ricotta mandorle e miele.

L’ipotesi più accreditata sarebbe quella che le favorite dell’emiro, per passare il tempo, si dedicassero alla preparazione di prelibate pietanze, in particolare di dolci e in uno dei tanti esperimenti culinari avrebbero “inventato” il cannolo, allusione evidente alle “doti” del sultano.
Un’altra fonte, invece, tramanda che i cannoli siano stati preparati per la prima volta in un convento sempre nei pressi di Caltanissetta.

Si racconta che in occasione del Carnevale le monache “inventarono” un dolce formato da un involucro (“scorcia”) riempito da una crema di ricotta e zucchero ed arricchito con pezzetti di cioccolato e granella di mandorle (cucuzzata).

La SAIG persegue nella ricerca di nuove strade affinché possa trovare per dare prova di attaccamento alle tradizioni gastronomie italiane e regionali. Questo corso bimestrale, evidenzia la cucina con ospiti sempre diversi e sempre più affascinati dai sapori tipici.

Un percorso culinario quello proposto dalla SAIG, tende a valorizzare molte regioni dell’Italia gastronomica, un’altra serata all’insegna dell’amicizia e della buona armonia è stata vissuta dagli addetti ai lavori, caratterizzata dai molti partecipanti, considerando anche la particolarità delle due ricette proposte.

Due cuochi per esprimere Cultura e tradizione siciliana al corso di cucina della SAIG

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La SAIG prosegue il suo viaggio culinario con la Regione Sicilia, alla scoperta della prelibata cucina di questa Regione, conosciuta, apprezzata e amata in ogni angolo di mondo.

Sono stati due le pietanze realizzate per questo corso, affinché si potesse esprimere, nella giusta maniera, quelli che sono i sapori antichi e gustosi della Trinacria, con un occhio gettato al passato e uno proteso al futuro. Ad olezzare la sede SAIG lo scorso 14 marzo, in occasione del primo corso mensile, sono stati i profumi della “pasta con le sarde” e “la salsiccia fatta a mano ai broccoli affogati”. La pasta con le sarde, (pasta chî sardi in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mpaaf) In origine è un piatto stagionale: si può preparare da marzo a settembre periodo in cui si trovano al mercato le sarde fresche ed è possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico.

Per meglio seguire questo corso, la SAIG ha fatto appello a due cuoche. Per la “pasta con le sarde difatti è stata chiamata una delle più assidue frequentatrici del corso, Ninfa Tognazza, siciliana DOC, che si è espressa con eleganza e sapiente nella ricetta, realizzando la pietanza alla perfezione, trovando anche il finocchietto selvatico, ingrediente importante per dare il sapore selvaggio al gusto. Antonio Singarella, macellaio di formazione, ci ha mostrato le antiche regole per realizzare la famosa salsiccia siciliana per poi realizzare la pietanza coi broccoli affogati.

La coppia di cuochi della serata, hanno portato l’atmosfera siciliana con i profumi ed i sapori, realizzando cosi, dei piatti tipici indiscussi della tradizione siciliana. Momenti geniali dove si sentivano riecheggiare le note e le parole di alcune più famosa canzone popolare siciliana di sempre. Le parole di Çiuri Çiuri parlano di profumi, colori e di un amore ricevuto ma anche restituito alla nostra bellissima terra. Ebbene la SAIG in questa occasione ha fatto proprio questo, ci ha regalato colori e sapori lontani nel tempo, l’amore per le nostre origini e l’impegno giornaliero nel dare indietro questo amore a tutti i nostri cari.

La storia e le tradizioni dei piatti tipici siciliani

Tra le gastronomie regionali italiane, la siciliana è quella che più, nel corso dei secoli, si è evoluta, pur restando profondamente ancorata alle origini e ai prodotti tipici del territorio.

Tramandata oralmente, di cortile in cortile – come gli abitanti dell’isola amano rilevare – della cucina siciliana si hanno tracce sin dall’antichità perché essa, da sempre, è stata a stretto contatto con la storia, la religione e le culture che si sono avvicendate in Sicilia.

Considerata, già di per sé, una delle tante attrazioni da scoprire sull’isola, sarebbe improprio parlare di cucina siciliana al singolare. A ben vedere, infatti, dovremmo utilizzare il termine al plurale, giacché, spostandosi dalla parte orientale a quella occidentale, vagando di provincia in provincia, troviamo tanti tipi di pietanze pressoché introvabili in altri luoghi dell’isola.

Un esempio? Sarà difficile trovare le classiche panelle – frittelle di farina di ceci – in un luogo diverso da Palermo, né sarà facile trovare i muccunetti di Mazara del Vallo – palline di pasta di mandorle ripiene di conserva di zucca – al di fuori della provincia trapanese.

Siamo nella terra del gusto, in un angolo di paradiso in cui limoni, arance, cannoli, cassate, caponate, cous cous – solo per citare alcuni dei più famosi piatti tipici siciliani – la fanno da padrone.

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La Sicilia al corso di cucina della SAIG: Cultura e tradizione. Di Carmelo Vaccaro

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Dopo la Calabria e la Puglia, il Corso di Cucina della Regione Sicilia chiude il ciclo dedicato al Sud della nostra bella Italia. Per la Sicilia, non poteva che realizzare il Corso, una delle giovane cuoche più promettente dell’Isola nel Cantone di Ginevra: Daniela Fantauzzo.

La cuoca della serata, ha deciso di realizzare dei piatti tipici indiscussi della tradizione siciliana quali la “Pasta con le Sarde e finocchietto selvatico”, Arancino/a e come dolce, Cassata siciliana alla ricotta al forno. A quest’ultima, si è aggiunta la Pastiera napoletana realizzata da Augusta Camarca, assidua frequentatrice del Corso.

Çiuri, çiuri, çiuri di tuttu l’annu, Mi votu e mi rivotu, Vitti na crozza.

Come si fa a parlare di un piatto siciliano senza che riecheggino le note e le parole di alcune più famosa canzone popolare siciliana di sempre. Le parole di Çiuri Çiuri parlano di profumi, colori e di un amore ricevuto ma anche restituito alla nostra bellissima terra. Ebbene la SAIG in questa occasione ha fatto proprio questo, ci ha regalato colori e sapori lontani nel tempo, l’amore per le nostre origini e l’impegno giornaliero nel dare indietro questo amore a tutti i nostri cari.

Serata indimenticabile al corso di cucina della SAIG. Lo scorso 26 aprile è stata la serata della pasta con le sarde (pasta chî sardi in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mpaaf) In origine è un piatto stagionale: si può preparare da marzo a settembre periodo in cui si trovano al mercato le sarde fresche ed è possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico.

Esistono molte varianti. Una tra le più importanti è la pasta con le sarde alla trappitara, ricetta gelosamente custodita da famiglie marinare di Trappeto (PA).

Origini del piatto
Secondo la tradizione la pasta con le sarde fu inventata da un cuoco arabo del generale Eufemio da Messina, durante la campagna militare degli arabi nella zona di Siracusa (secondo un’altra versione, poco presente nelle fonti, il fatto sarebbe accaduto a Mazara del Vallo). Il cuoco doveva sfamare le numerose truppe, trovandosi però in condizioni disagiate dovette fare appello alla sua inventiva ed elaborare un piatto con quel che la natura di quel luogo gli offriva; fu così che unì il pesce, rappresentato dalle sarde (o alici in altre versioni della tradizione), e i sapori della terra: finocchietto selvatico, principalmente, e pinoli.

Il piatto di Eufemio viene odiernamente considerato come il primo “mare-monti” della storia, poiché seppe mettere insieme i prodotti naturali del mare e quelli montani. In passato i nobili siciliani li consumavano, dopo averli cacciati, farciti delle loro stesse viscere e interiora. Il piatto era gustoso ma inavvicinabile al popolo in quanto bene di lusso. I popolani palermitani ripiegarono quindi sulle materie prime che potevano permettersi ovvero le sarde. Per imitare il ripieno d’interiora si pensò di utilizzare la mollica di pane, i pinoli e poco altro. Ed ecco le origini di questa rivisitazione delle sarde.

La preparazione, come accennato in precedenza, è elaborata ma le mani d’oro di chef Cannone non si sono tirate indietro di fronte alle difficoltà ed il risultato finale è stato a dir poco superlativo.
La degustazione ci ha riportato indietro nel tempo e nello spazio immergendoci nei profumi e nei colori di una Sicilia di altri tempi. Una vera magia.

L’origine dell’arancino siciliano

“L’arancino, infatti, nasce nel periodo della dominazione saracena in Sicilia, quando durante i banchetti esisteva l’abitudine di disporre al centro della tavola un ricco vassoio di riso aromatizzato allo zafferano e condito con verdure e carne.

La prima versione dell’arancino, quindi, è quella di un semplice timballo di riso, da gustare a piene mani e privo del pomodoro che, all’epoca, doveva ancora essere importato dalle Americhe.

L’idea di dare a questa deliziosa ricetta una nota di croccantezza e la classica forma tondeggiante, deriva invece da un’esigenza pratica: pare infatti che il sovrano Federico II amasse a tal punto questo piatto, da volerselo portare dietro durante le battute di caccia. E’ a questo punto che nacque la fragrante panatura dell’arancino, ideale per rendere trasportabile quel delizioso timballo di riso!” “Dal web”

I colori siciliani invadono il Centro Commerciale di Meyrin

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Dopo la prima settimana intensa di colori e sapori italiani al Centro Commerciale di Meyrin, ad animare la giornata di sabato è stato l’esilarante gruppo folkloristico siciliano, Kerasos di Zurigo.
Il Gruppo Folk, coi suoi fischietti, tamburelli, chitarre e mandolini, ha letteralmente invaso il Centro con le loro danze tradizionali dell’Isola, accompagnate da una musica raggiante eseguita da Michele Siciliano e la tamburellista Raffaella. Le tre coppie di ballerini hanno ben interpretato tutte le danze anche quelle specifiche che ricordano il linguaggio antico nel comunicare, come la danza della gelosia.

18449517_1523132977737371_2226124161311160651_oA fare da cornice a molte delle prestazioni canore del Gruppo Kerasos, le antiche vespe dell’Associazione “Gli amici della Vespa, presenti nel Centro con una collezione unica in Svizzera, la quale hanno disegnato un semi cerchio che hanno fatto da decoro alle melodie e balletti dei Kerasos. Un ringraziamento va al Ristorante “Sapori d’Italia” di Mariella e Maurizio Di Benedetto, che ha contribuito all’ospitalità del Gruppo per la durata della loro permanenza.
Il direttore del Centro, Laurent Baldacci, unitamente al folto pubblico presente, anch’esso coinvolto nelle danze, hanno dimostrato interesse e apprezzamento per la prestazione del Gruppo di Zurigo che ha dato vita ad una delle due giornate dedicate al Folklore italiano. Sabato 20 maggio, in chiusura delle due settimane italiana al Centro Commerciale di Meyrin, si esibirà il Gruppo Folk calabrese: “La Voce di Calabria”. Il gruppo di 20 elementi, arriverà direttamente dalla Città di Settimo Torinese in provincia di Torino.

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Sicuramente si annuncia un’altra giornata dove le tradizioni italiane verranno altamente valorizzate nella terra di Calvino.

C.Vaccaro

Calabria e Sicilia uniti al secondo Corso di cucina di febbraio della SAIG

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Il secondo corso di cucina della SAIG, lo scorso 23 febbraio, è stato caratterizzato da due pietanze del Sud Italia: la Calabria e la Sicilia.

Si è trattato sicuramente di due piatti tipici della povertà calabrese e sicula, me carichi di storia e di tradizioni che distinguono queste due regioni al Sud dello stivale. Due pietanze con due chef diversi per niente in competizione ma bensì complementari. Di fatti, Roberto Corona ha proposto linguine alla sicula come primo piatto, che è stato modificato come lo ha inteso per la serata. Acciughe, capperi, olive e pomodorini sono stati gli ingredienti che hanno fatto ritornare i ricordi d’infanzia quando le nonne, d’altri tempi, proponevano nelle giornate di festività.16996079_1436777219706281_2525860253690929182_n (1)

Per il secondo piatto, invece, è stato Francesco Decicco, neo presidente dell’Associazione Calabrese Ginevra, ad occupare la scena con la sua “Trippa alla calabrese”. Altro piatto povero ma d’infinita ricchezza tra le antiche ricette culinarie calabre.

“La trippa è un alimento conosciuto e apprezzato da millenni. Era già presente nelle tavole dell’antica Grecia dove veniva cucinata soprattutto alla brace. Anche adesso continua a essere la protagonista di innumerevoli ricette tradizionali rappresentando quella “cucina povera” che è divenuta una delle più caratteristiche “ricchezze” dell’enogastronomia italiana.

La trippa alla calabrese è una delle tante declinazioni regionali (per altro anche in Calabria vi sono diverse versioni), preparata con ingredienti semplici e l’aggiunta del peperoncino calabro che le dona il tipico gusto piccante di tanti piatti di questo territorio.16996408_1436777293039607_3837859828274299581_n

La trippa, piatto da molti considerato tipico della gastronomia invernale, in Calabria viene cucinata anche d’Estate. Una sagra ad essa dedicata si svolge ogni anno a Mileto, il 7 Settembre. I modi di proporla sono tanti e variano da zona a zona. Solo una questione di scelta questa ricetta, dettata dal confronto fra le diverse proposte e l’esperienza delle anziane nonne.”

Due pasticciere sicule addolciscono la serata con i loro dolci

La Sicilia è stata rafforzata, inaspettatamente, da Daniela Fantauzzo che si è presentata con un prodotto da lei stessa realizzato: Cassata siciliana al forno con ricotta. Questo dolce tipico dell’Isola è composto da una base di pasta frolla aromatizzata al limone insieme al Pan di Spagna con all’interno la ricotta, rigorosamente di latte di pecora palermitana, e scaglie di cioccolato. La sig.ra Ninfa ha poi concluso la cena con le tradizionali chiacchiere di Carnevale.

Un mini concerto delle giovani sorelle Silvia e Manuela Giudetti ha arricchito musicalmente la serata, già di per sé, piene di sorprese

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